Bio.

L'artista

Nata a Leningrado, nell’allora Unione Sovietica, il 14 dicembre 1952. Tra il 1968 e il 1970 frequenta nella sua città natale la Scuola di Belle Arti e tra il 1971 e il 1976 l’Accademia di Stato d’Arte e Design “Vera Mukhina”, il cui nome attuale è Stieglitz State Academy of Art. In essa, oltre alle materie canoniche come Pittura e Scultura, studia Arte del vetro. Nel frattempo segue l’operato del movimento di Arte Non Conformista, al quale è ideologicamente legata. Nel 1976 lascia con grande difficoltà l’Unione Sovietica e si stabilisce in Israele, dove per un anno vive a Tel Aviv. L’anno successivo si sposta nel villaggio di artisti di Ein-Hod, sulle colline di Monte Carmel, dove continua a fare ricerca artistica e realizza delle vetrate colorate a Tel Aviv e Haifa.
A partire dal 1980 viene per periodi sempre più lunghi in Italia, sino a che, nel 1986, si stabilisce in Toscana. Continua a lavorare con la carta. Con il tempo avverte un’esigenza di tridimensionalità e inizia così a produrre personalmente un particolare tipo di la carta, che utilizza in senso scultoreo. In questo periodo studia e approfondisce il concetto di Labirinto: realizzati su carta in rilievo, all’interno dei quali, nel corso del tempo, Liv inserisce anche piccoli oggetti e immagini fotografiche. Il labirinto, leggendaria costruzione architettonica, qui diviene la metafora della solitudine primordiale di tutti gli esseri viventi.

Nel 1984 realizza, in collaborazione con lo studio di architetti Blumenfeld-Pincuck, The Horizon, un trittico labirintico monumentale per il Tiberias Club Hotel, in Israele. Nel 1986 è invitata dall’Open Museum, Industrial Park di Tefen, in Israele, a creare Concentration. Per realizzare quest’opera utilizza in contrapposizione carte fatte da lei di cellulosa e di fibre naturali, raccolte a Tefen. Dalla fine degli Ottanta è invitata a partecipare a più edizioni della Internationale Biennale der Papierkunst al Leopold Hoesh Museum di Duren, in Germania, dove viene premiata. Durante la prima edizione della manifestazione, tra il 1987 e il 1988 installa Blue Echo. Realizza, quindi, un’installazione permanente per Iscar Hartmetall GmbH di Karlsruhe.

Nel 1990, dopo quattrodici anni, per la prima volta torna a San Pietroburgo. All’inizio degli anni Novanta si trasferisce nei pressi di Pietrasanta in Toscana. A partire dal 1992 lavora a Memoria e Oblio, dal 1994 avvia ricerche per il lavoro Things. Nel 1995 ottiene una borsa di studio dal Ministero della Cultura del Land Schleswig-Holstein per approfondire le sue ricerche. In questo ambito, compie approfonditi studi all’interno degli archivi, dove trova molto materiale iconografico e fotografico. Nello stesso anno svolge ricerche tecniche per il trasferimento delle immagini fotografiche su vetro. Nel 1997 è invitata a fare la grande mostra personale al Tel Aviv Museum of Art e realizza grandi lavori con il vetro e la luce, sempre per il progetto Things, lavori che verranno presentati in vari musei e all’interno di mostre personali e collettive.  Nel 1996-97 inizia a occuparsi del tema della follia, che convoglierà nell’ampio progetto Oltre, al quale si dedica per parecchi anni, sino al 2005 circa.

Lena Liv

Liv lavora con diversi linguaggi dal disegno all’installazione, dalla scultura di carta, al vetro, alla ghisa, alla fotografia, che non è mai documentazione ma elaborazione iconografica e concettuale. Un’atmosfera di surrealtà aleggia nei suoi lavori di questi anni. Essi catturano un’essenza senza tempo e lasciano in chi guarda una traccia di memoria. L’artista si allontana da ciò che è ovvio, e offre poche spiegazioni. Le sue opere non offrono risposte scaturiscono, piuttosto, dei quesiti che rimangono insoluti. Mette così a punto una ricerca sul concetto dell’enigmatico. Attraverso le sue opere è possibile tracciare delle caratteristiche comuni, come l’idea di universalità presente nei suoi lavori dall’inizio ad oggi.
Nel 2007 l’artista torna in Russia, dove inizia un nuovo progetto sulla Metropolitana di Mosca, attraverso una complessa documentazione fotografica a colori da lei stessa realizzata e pazientemente elaborata. Nello stesso anno viene invitata da Angela Madesani a partecipare alla prima edizione di Fotografia Europea a Reggio Emilia, sul tema del Limite, e ha l’occasione di consultare e utilizzare un antico archivio fotografico di immagini legate alle tradizioni del territorio. Dà così vita a una toccante installazione Benché sia quieta ogni cosa in cui è una grande immagine di un macellaio, che sta sezionando il corpo di una bestia, a terra sono dei fiori bianchi di vetro soffiato da lei appositamente realizzati a Murano, il tema è quello del Sacrificio animale, al quale dedica, nello stesso periodo, altre opere.

Hekhalòt è il titolo della grande mostra retrospettiva che la vede protagonista al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, nel 2009. La rassegna include lavori realizzati in oltre venti anni di percorso artistico. Nello stesso periodo realizza dei grandi vetri per la mostra Cathedrals for the Masses, al Tel Aviv Museum of Art, curata da Mordechai Omer, che inaugura nel luglio 2010. Nel corso degli anni è sempre più coinvolta in una sperimentazione di natura orfica. Attualmente sta lavorando, fra le altre cose, a una grande opera di geometria variabile, una sorta di immenso caleidoscopio di immagini oracolari della natura, in cui si compone e scompone un sistema di una nuova poetica esistenziale che lascia aperte nuove ipotesi e diversi sviluppi.

A partire dal 2014 ha lavorato sul tema della danza, realizzando il progetto Dancing Makes Me Joyful, in collaborazione con la danzatrice e coreografa Lindy Nsingo. Progetto che ha presentato a Palazzo Flangini di Venezia, durante la Biennale del 2015. La danza, attimo effimero diventa icona del mistero dell’esistenza. Dalla fine degli anni Novanta sta lavorando al ciclo Anima Mundi, 108 scatole di ghisa che contengono diversi temi della sua ricerca: il gioco, l’infanzia, la natura, le cose, la follia. Temi che vengono messi in relazione fra loro e che diventano così dei percorsi di natura esistenziale.

Tra il 2011 e il 2012 sviluppa e realizza il concetto di scatola come contenitore in scala più grande nel lavoro La legge della stella e La formula del fiore, sempre di ghisa, un materiale primordiale, grezzo, che comunica il senso della fatica del lavoro, che è posto in relazione con la delicatezza dei soggetti, dipinti dall’artista sul vetro. La scatola è, infatti, un contenitore archetipico, presente in varie forme nella storia dell’arte, dal quale l’artista russa è particolarmente affascinata e che è per questo presente assiduamente da oltre venti anni nel suo lavoro.
Il filo rosso che si snoda e si sviluppa attraverso tutta la sua ricerca porta ad un viaggio archetipico di luce – oscurità – luce che ricorda la saggezza metaforica dei poemi classici. Infanzia, luoghi di solitudine, macellazione, follia, danza, felicità e bellezza sono un grande “affresco”, che attraversa i confini di un singolo evento fino a lambire i limiti dell’universalità. Le immagini emergono misteriosamente dal loro contesto, la luce non illumina la materia, ma diventa essa stessa materia. Volutamente crea situazioni ambigue in cui le opere fotografiche sembrano essere dipinti e le pitture sembrano essere fotografie, l’oblio racconta la memoria e la memoria è oblio.

L’artista, che nel corso degli anni ha esposto in numerose istituzioni pubbliche e private, vive attualmente tra l’Italia, Stati Uniti e Israele.

Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo; il suo Cathedrals for the Masses è stato esposto presso il Centro Pecci di Prato e presso il Museo d’Arte di Tel Aviv in Israele rispettivamente nel 2009 e 2010. Negli anni Novanta, Liv ha tenuto una personale presso il The State Russian Museum of Art, il museo di Stato Russo di San Pietroburgo e una personale presso l’Heidelberger Kunstverein di Heidelberg e il Leopold – Hoesh Museum di Duren in Germania. Nel 1994 ha esposto alla Stadtische Galerie Wurzburg e nel 1998 alla Stadtgalerie di Kiel sempre in Germania. Nel 2000 ha esposto al Nassauscher Kunstverein di Wiesbaden, nel 2001 alla Robert Miller Gallery a New York. Ha partecipato a mostre collettive in luoghi quali il Ludwig Museum di Köln, la Kunsthalle di Helsinki, il Museum Moderner Kunst, Stiftung Ludwig a Vienna, il Sarajevo Museum of Art, la Caldic Collection a Rotterdam, la City Gallery di Wellington in Nuova Zelanda e la Sir Elton John collection al High Museum of Art, Atlanta, Stati Uniti d’America.

Suoi lavori sono presenti all’interno di importanti collezioni pubbliche come il Diozesanmuseum, Köln (D), Leopold-Hoesh Museum, Duren (D), Folkwang Museum, Essen (D), Stadtische Galerie Wurzburg (D), Ludwig Museum, Köln (D), The Museum of Fine Arts, Houston (USA), Caldic Collection, Rotterdam (NL), Collezione di Sir Elton John, Atlanta (USA), Tel Aviv Museum of Art, Tel Aviv (IL), Israel Museum, Gerusalemme (IL) e altri.